Il regista, esperto conoscitore della tradizione teatrale partenopea, punta sulla memoria per le nuove generazioni.
Dalla famiglia che ha fatto storia nel teatro, quella dei De Filippo, alle drammaturgie contemporanee. I voli funambolici di Francesco Saponaro, napoletano di nascita, fanno guardare con il naso all’insù i suoi decenni di carriera.
Premiato tra gli altri con il Premio E.T.I. e il Premio Associazione Italiana Critici di Teatro, Saponaro ha scelto di seguire la via del ‘teatro di una volta’, quello artigianale di sangue e sudore.
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
Che sia per formazione professionale o impresso nel Dna, di fatto è uno di quelli che può parlare di teatro napoletano con conoscenza e senso critico. Su questa scia porta in scena, in questi giorni e proprio a Napoli, due spettacoli: Titina la Magnifica, omaggio a Titina De Filippo basato sulla biografia del figlio, Augusto Carloni e La donna è mobile, commedia musicale parodia di Vincenzo Scarpetta.
Cosa rappresentano per lei i fratelli De Filippo?
Io partirei proprio da Scarpetta; teatralmente abbiamo avuto due grandi rivoluzioni, quella russa e quella napoletana. La napoletana è più di ordine familiare mentre la russa è più strutturata, basti pensare a Stanislavskij e Cechov. Ma entrambe hanno rivoluzionato la drammaturgia da un punto di vista registico e recitativo.
I fratelli De Filippo sono un tesoro incommensurabile da preservare. Eduardo è l'esempio di una rivoluzione drammaturgica e espressiva, affidata a due geni come Peppino e Titina. I fratelli hanno fatto una differenza sostanziale nel teatro, sono stati l'avanguardia storica, meno strutturale di quella russa ma sicuramente più organica.
Titina la Magnifica, partiamo da lei per quello che sembra un lavoro incentrato sul femminile.
Titina è la veterofemminista, la donna che si è distinta in un tempo gestito da maschi. È una donna da prendere a modello perché è riuscita a coniugare la vita privata, quella di moglie, madre e sorella con quella professionale. Ha scavato un solco fondamentale e esemplare rispetto a ciò che era considerato il femminile: è l'artista della semplicità! E’ stata un modello per tutte le attrici dalle attitudini comiche e brillanti, una tra tutti, e non a caso ebbe a che fare con Eduardo, Monica Vitti. Titina ha sempre concentrato il suo focus sull'essenza e non sulle esteriorità, riuscendo a imporsi in un contesto patriarcale e maschilista. È stata una drammaturga, ha lavorato su alcuni testi ispirati a Cechov, è stata poetessa. Addirittura dopo essere stata costretta ad abbandonare la scena per un problema grave al cuore, negli ultimi anni della sua vita, si è dedicata alle arti figurative, alla pittura e al collage, riscuotendo apprezzamenti anche da figure autorevoli come Jean Cocteau e Giorgio De Chirico. Insomma è stata un artista a tutto tondo.
Devo ringraziare Marisa Laurito, la Direttrice del Trianon Viviani che con tutte le forze e le capacità eterodosse di questa contemporaneità, ha voluto rendere omaggio a tale modello femminile.
Mentre La donna è mobile?
C'è un fil rouge che collega i progetti: la partitura di Scarpetta prevede che sia la donna a rimettere in ordine l'equivoco e ricorda il ruolo che ricopriva Titina con i fratelli, una mediatrice, colei che aggiustava se necessario. Quando il Trianon mi ha affidato il progetto, lo ha fatto sapendo che nel 2008 avevo già lavorato come regista per i Teatri Uniti e Mercadante su Scarpetta. Faccio parte della Fondazione De Filippo e sia in Italia che all'estero ho diffuso il grande patrimonio di Eduardo.
Con La donna è mobile ho avuto la fortuna di lavorare con un cast giovane che ha dimostrato di aver capito l'importanza della tradizione, il valore che ha l'atto teatrale, quel sudore e sangue che le nuove generazioni purtroppo sostituiscono col polpastrello su computer e cellulari.
Come è cambiato il teatro rispetto ai suoi primi anni di carriera?
Io sono nato nel ‘70 e ho avuto la fortuna di avere grandi Maestri. Sono stato accolto da fratelli maggiori, mi sono mosso andando e facendo teatro perché è così che si fa. C'è un grande sforzo nel mettere in piedi una produzione, anche qui devo ringraziare chi mi ha permesso di lavorare a questi progetti in assoluta libertà, di collaborare con una generazione di attori e cantanti pronti e capaci di affrontare e vincere l'approssimazione. Per fare teatro bisogna studiare, e come diceva Eduardo ‘chi non rispetta chi ci ha preceduto è un ladro’.
Quali altri progetti sono in cantiere?
Sto lavorando a drammaturgie contemporanee, una è Contrazioni di Mike Bartlett.
Ho due progetti su Pasolini, uno con Anna Bonaiuto e uno per il Teatro Mercadante di Napoli. In autunno al Teatro Biondo di Palermo porterò il Don Giovanni involontario di Vitaliano Brancati.